Mirandola - La caduta delle ultime aquile

 

Ghedi , stesso giorno.

Hanno la consapevolezza di essere in pochi, di essere soli, e di essere gli ultimi. Non sappiamo se c'è, da parte dei vecchi piloti della 6 Staffeln del II Gruppe dello Jagdgeschwader 77, una particolare apprensione ad andare in volo oggi. Sanno che a giorni saranno rimpatriati, perché la situazione non lascia intravedere nulla di buono, in Italia, e in ogni caso c'è bisogno di loro in patria, per cercare di fermare le incursioni alleate sulle città. L'operazione Phoenix di agosto, il tentativo tutto politico di assorbire l'ANR concordato fra il Generale Richtofen e alcuni esponenti filotedeschi dell'ANR, è fallito in modo miserabile e controproducente: gli italiani, nella stragrande maggioranza, non si sono piegati al ricatto, sono stati privati dei loro aerei, e hanno lasciato i piloti tedeschi da soli ad affrontare la supremazia aerea alleata. A pochi chilometri più a est, a Villafranca, ci sono i loro colleghi dello Stab, il Comando di Gruppo, e null'altro. Hanno buone macchine, anche se un pò sfruttate: 40 Messerschmitt Bf109G6, buoni per scontrarsi con gli onnipresenti caccia alleati, e 19 Bf109G6/U4, un pò meno maneggevoli ma armati di un potente cannone da 30 millimetri. Pochi colpi sono sufficienti ad abbattere un quadrimotore, a condizione di arrivarci abbastanza vicino...

E' il materiale umano a preoccupare: accanto ai nuovi piloti arrivati dalla Germania, a cui per tutto luglio e agosto è stato vietato di partecipare a missioni operative una volta constatata la superficialità del loro addestramento, ci sono gli Experten, gente sopravvissuta alla Russia e all'Africa, con un sacco di esperienza sulle spalle. Ossi duri che hanno imparato tutti i trucchi del mestiere, e che sanno tirare fuori il meglio dalle loro machine, ma anche gente stanca, sfiduciata. Nel loro avvenire non c'è, come per i colleghi americani, la 50ma missione, dopo la quale si ha diritto all'avvicendamento, ma c'è un'altra missione, e poi un'altra ancora, all'infinito, fino a che una ferita, uno schianto o la fine della guerra mettano fine al gioco.

Il Maresciallo Pilota Maximilian Volke è uno di loro: ha sulle spalle 37 vittorie, conquistate in Russia e in Africa. E' sopravvissuto poi alla Sicilia e alla lenta ritirata lungo lo stivale. Ha 29 anni, e forse quel giorno, mentre si infila il paracadute sulla camicia color sabbia, si sente particolarmente stanco. Nei giorni precedenti ha probabilmente volato molto e concluso poco, dovendo fare da chioccia ai piloti novellini e cercando nello stesso tempo di non farsi ammazzare. Come ha fatto migliaia di volte si arrampica nella cabina del suo aereo, un G6/U4, e ancora non sa che non ne scenderà più.

D’un tratto l'aeroporto si anima, l’ordine di decollare è arrivato. I meccanici si affannano a girare la manovella dello starter, quando il grosso volano ha raggiunto un numero di giri sufficiente il pilota ingrana l’avviamento. La poca benzina che arriva al reparto non è di buona qualità e i motori si avviano tossendo e sputacchiando, mentre nuvole di fumo nero escono dagli scarichi. Bisogna decollare subito, le formazioni alleate stanno arrivando velocemente, bisogna evitare di bruciare i motori che a terra, si surriscaldano rapidamente, e bisogna fare quota, più quota dei bombardieri in arrivo e ancora più quota dei caccia che sono ovunque sulla pianura. Da Ghedi e da Villafranca si alzano gli ultimi piloti da caccia tedeschi in Italia.